il problema attuale non è più la lotta della democrazia contro il fascismo ma quello del fascismo nella democrazia (G. Galletta)

Amicus Plato, sed magis amica veritas



giovedì 26 dicembre 2013

ricordando i 7 fratelli Cervi


Era la notte tra il 24 e il 25 dicembre 1943 quando i fascisti catturarono i sette fratelli Cervi e tre giorni dopo, il 28, li portarono al poligono di tiro di Reggio Emilia mettendoli al muro. Sono trascorsi settant’anni da quell’eccidio, uno degli episodi che più è rimasto scolpito nella storia dell’antifascismo.
Per ricordare quei fatti il Museo Cervi di Gattatico ha organizzato due appuntamenti attraverso i quali “studiare come si sono formati e consolidati memorie e miti attorno a quei fatti”.
Il 21 dicembre, “un paradigma di democrazia”: un dibattito che ha visto prendere la parola nella sala del consiglio provinciale di Reggio Emilia il presidente Gianluca Chierici, il sindaco vicario Ugo Ferrari, la presidente dell’Istituto Alcide Cervi Rossella Cantoni e un’altra esponente del museo, Paola Varesi, oltre il docente bologneseLuciano Casali. Il secondo appuntamento, invece, è per il 28 dicembre, giorno in cui Cervi furono uccisi. Si chiamavano Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore ed avevano tra i 42 e i 22 anni. La loro famiglia era di estrazione contadina e a iniziare dagli insegnamenti di Alcide e Genoeffa Cocconi, genitori dei fratelli trucidati, in casa si erano sempre respirate aria antifascista e simpatie democratiche.
Quando scoppiò la seconda guerra mondiale, casa Cervi non è più solo un luogo di lavoro disperato e incessante contro la povertà, ma un centro nevralgico nel quale si cominciava a organizzare un dissenso concreto contro il regime mussoliniano. E Alcide, insieme a due dei suoi figli, va oltre creando anche la banda partigiana che prenderà parte attiva alla Resistenza

1 commento:

Alligatore ha detto...

Da non dimenticare, e il tuo post aiuta.

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